IL REDDITO DELLA PIEMONTESE

Per fare l'allevatore ci vuole grande impegno e passione ma ovviamente è indispensabile ottenere dalla propria attività un buon reddito. Negli ultimi anni la consistenza italiana del settore "bovino da carne" ha subito notevoli contrazioni dovuti, oltre ai cali dei consumi e a prezzi di mercato dei capi da macello in forte diminuzione, ad un elevato aumento dei costi di alimentazione soprattutto dei cereali.

In questo contesto, riscontrabile anche in altri paesi europei, è necessario individuare le migliori  strategie di allevamento considerando gli aspetti fondamentali: l'alimentazione, la tipologia di allevamento e la razza allevata. 

L'alimentazione deve essere studiata in base alle esigenze dell'animale, alla disponibilità dei mangimi e alle richieste di eventuali disciplinari di alimentazione volontari.

Le tipologie di allevamento, negli ultimi decenni sempre più moderne con strutture e macchine agricole capaci di ridurre i costi e il lavoro dell'allevatore, hanno contribuito a diffondere la Piemontese anche oltre il territorio regionale; nonostante la presenza di allevamenti medio-grandi (2/300 capi), rimangono ancora fortemente radicate le aziende medie (sui 100 capi) e medio-piccole (40-50 capi). Indipendentemente dalle dimensioni dell'allevamento, la quasi totalità delle aziende è a conduzione famigliare: questo a testimonianza che le produzioni di eccellenza permettono di trarre guadagno da un'attività che ha origini antichissime, frutto dell'esperienza che si trasmette di generazione in generazione, e che da sempre contribuisce alla tutela del territorio e allo sviluppo rurale.

La Piemontese è l'unica razza da carne italiana non in pericolo di estinzione, con un notevole incremento dei capi iscritti al Libro Genealogico neghli ultimi anni: questi dati sono la testimonianza delle grandi potenzialità che questa razza possiede garantendo allo stesso tempo un buon investimento per l'allevatore, un ottimo guadagno per il macellaio, oltre alla soddisfazione del consumatore.

 

LE FASI DEL CICLO PRODUTTIVO 

Le fasi che andremo a considerare sono: la riproduzione, l'ingrasso e la macellazione.

 

L'allevamento che richiede maggiori conoscenze tecniche è sicuramente quello legato alla riproduzione in quanto l'allevatore deve, oltre ad occuparsi dell'alimentazione del bestiame, seguire le fasi del parto e della successiva cura del vitello nel periodo neo-natale. L'azienda ad indirizzo riproduttivo consiste nell'allevare le vacche per produrre i vitelli che a loro volta saranno destinati all'ingrasso dopo lo svezzamento, o nella stessa azienda o venduti ad altri allevatori. Le manze primipare vengono fecondate all'età di circa 20 mesi e una vacca di Piemontese può partorire nella sua carriera anche 10-12 volte. L'interparto ottimale è all'incirca di 12 mesi ma quello medio si aggira sui 390 giorni e le difficoltà dei parti sulla razza sono per le pluripare: 85% facili, 10% difficili e 5% cesarei.

Il costo di alimentazione per la fase di riproduzione (considerando il costo per mangimi, fieno, paglia, spese veterinarie e per l'ammortamento di strutture e macchinari) è stimato attorno ai 1,50-2 €/giorno. Nelle aziende da riproduzione, occorre ricordare, una percentuale di circa il 20% è dato da manze gravide e vitelle destinate alla rimonta (sostituzione delle vacche a fine carriera) per cui una parte dell'allevamento produce, inevitabilmente, costi senza momentanei ricavi.

 

La fase di ingrasso ottimale mediamente dura 10-12 mesi: il vitello dall'età di 30 giorni viene integrato, oltre al latte materno, da fieno e mangimi (vedere l'alimentazione del vitello).

Lo svezzamento avviene all'età di circa 4-5 mesi, da questo momento il vitellone inizia l'ingrasso con diverse tecniche in base alle scelte dell'allevatore (vedere l'alimentazione del vitellone).

Il vitellone raggiunge la fase di finissaggio, e quindi è pronto per la macellazione, ad un'età di circa 15-18 mesi ed un peso medio di 600/650 kg per i maschi e 450 per le femmine.

Il costo di alimentazione per la fase di ingrasso (considerando il costo per mangimi, fieno, paglia, spese veterinarie e per l'ammortamento di strutture e macchinari) è stimato attorno ai 2,50-3 €/giorno.

 

La grande potenzialità della Piemontese si manifesta soprattutto durante la fase di macellazione, in cui la finezza dello scheletro e l'eccezionale sviluppo delle masse muscolari, forniscono, in particolare nei maschi, una resa in carcassa molto elevata (in media 68% con punte anche del 70%) oltre a rese allo spolpo di circa l'85%. In pratica da un esemplare maschio di 650 kg abbiamo una quantità di carne "vendibile" di circa 375 kg (pari al 58% del peso-vivo): questa caratteristica, oltre alla percentuale di tagli pregiati molto elevata, permette un profitto decisamente elevato dalla macellazione tale da giustificare il prezzo superiore del capo vivo rispetto ai vitelloni di altre razze da carne. 

 

FACCIAMO DUE CONTI:

 

A questo punto la domanda sorge spontanea: "allora quanto rende un allevamento di Piemontese?"

 

Per calcolare questo dato occorre considerare la variabilità dei prezzi degli alimenti (cereali, fieno e paglia) e del valore di mercato dei capi da macello, dato che incide direttamente anche sulle fasi precedenti del ciclo produttivo, oltre alle caratteristiche dell'azienda e della manodopera: in generale possiamo dire che un allevamento con un maggior numero di animali tende ad ammortizzare i costi fissi più facilmente rispetto ad un allevamento di dimensioni più ridotte; questo non vuol significare che un allevamento medio-piccolo possa raggiungere capacità funzionali  e di reddito invidiabili da altre aziende più grandi. 

 

Supponiamo di avere un maschio di 650 kg all'età di 16 mesi e che il prezzo di mercato sia di 3,6 €/kg peso-vivo: dal vitellone ricaviamo 2340,00 € (IVA inclusa).

Lo stesso vitello può essere:

1) nato in azienda (ciclo chiuso), per cui il calcolo del "costo totale" è dato da (costo madre + 20% rimonta + costo ingrasso)= ((interparto medio x costo alimentazione vacca) + (periodo ingrasso x costo alimentazione ingrasso)) = ((390 giorni x 2 € + 20%) + (360 giorni x 2.50 €))= (936 + 900)= 1 836,00 €

 

2) acquistato da un altro allevamento: per cui il calcolo del "costo totale" è dato da (costo acquisto + costo ingrasso)= (1200 € + (periodo ingrasso x costo alimentazione ingrasso))= (1200 € + (300 giorni x 3 €))= (1200 + 900)= 2 100 €

 

 

Nel caso "1" il ricavo risulta essere di (2340,00 - 1836,00)= 504,00 €, mentre nel caso "2" di (2340,00 - 2100,00)= 240,00 €, con un  margine di guadagno superiore per il caso del ciclo chiuso: in realtà nel calcolo non è stato calcolato il costo per la maggior manodopera necessaria a questo tipo di allevamento e tra i costi non si tiene conto della percentuale di mortalità neo-natale (circa il 5%), per cui il caso "1" ricalcolato, sulla base dell'esempio fornito, garantirebbe un guadagno di circa 350 € netti, di poco superiore al caso "2".

 

 

 

 

 

 

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